Curiosità su Capoliveri

Personaggi che hanno contribuito alla storia di Capoliveri

   
   
   

Cardenti Giacomo

La storia di un uomo tenace e generoso, perseguitato dalla sfortuna ma sempre ottimista.
Giacomo Cardenti 1868 -1925 all'età di 32 anni imbarcato sulla "Stella Polare nave della Regia Marina" comprata da Luigi Amedeo Duca degli Abruzzi per coronare il suo sogno di conquistare il Polo Nord.

Nel 1900 una spedizione guidata da Luigi Amedeo di Savoia e dal capitano astigiano Umberto Cagni, accompagnati da quattro guide valdostane e dodici uomini (fra marinai, medici, scienziati e geografi) tentò di raggiungere il Polo Nord.

Il Cardenti ebbe una parte importante nella spedizione come ‘nostromo’; fu più volte ricordato per i suoi coraggiosi e preziosi meriti, sia nei libri di bordo del capitano Cagni che nei ricordi del Savoia.

La spedizione, imbarcata in Norvegia su una baleniera a tre alberi, chiamata Jason, trasformata dopo opportune modifiche in nave rompighiaccio e ribattezzata ‘Stella Polare’, permise all’Italia di chiudere il secolo con la gloria di aver strappato al norvegese Nansen il primato della più alta latitudine Nord mai raggiunta: 86° 33’.
La spedizione era composta da 11 italiani: Umberto Cagni, Francesco Querini, il medico Achille Cavalli Mulinelli, quattro guide: Petigax, Felix Ollier, Cyprien Savie e Alexis Fenoillet; due marinai: Giacomo Cardenti, nostromo e Simone Canepa, marinaio di II classe; un cuoco: Gino Gini, oltre a otto norvegesi alla guida della nave.

L’impresa del Duca degli Abruzzi, programmata per il raggiungere il Polo Nord, aveva coinvolto competitivamente tutte le nazioni del vecchio continente sul finire del secolo, ed anche l’Italia volle concorrere con i suoi scienziati ed esploratori alla scoperta e alla conquista di quelle terre fino ad allora inaccessibili.

Il Duca degli Abruzzi profuse un grande impegno in questo senso per il prestigio del Giacomo Cardenti pagina a fronte Giacomo Cardenti, il Nostromo della spedizione al Polo Nord. capoliveri 158 nome e per le indubbie qualità di marinaio. Ottenne in sede parlamentare il sostegno finanziario necessario per organizzare la spedizione.
Essa comportò anche dei costi umani poiché vi furono tre morti, privò per congelamento il Duca di due dita della mano sinistra e il Cagni di uno della mano destra.
Con lo Stella Polare, Cardenti e gli altri 17 uomini dell’equipaggio, lasciarono nel luglio 1899 il Capo Flora portandosi a svernare nella baia di Tepliz a 81° Nord, nell’arcipelago Francesco Giuseppe. I primi mesi del 1900 furono dedicati a perfezionare la messa a punto dei mezzi e degli allenamenti per compiere il gran balzo.
Durante una di queste esercitazioni, con temperatura a -35°, il Duca degli Abruzzi fu colpito da un grave congelamento alle estremità delle dita, che ne richiese l’amputazione e l’impossibilità di partecipare alla fase finale della spedizione.

Dalla base nell’arcipelago di Francesco Giuseppe partirono, l’11 marzo 1900, 13 slitte ognuna con un carico di circa 255 Kg, trainate da 104 cani e composte da tre equipaggi per un totale di 10 uomini.
Il polo si trovava a 600 miglia, e il metodo messo a punto per superare tale distanza era costituito da una staffetta che dopo 12 giorni di marcia, sarebbe dovuta rientrare garantendo i rifornimenti per la successiva spedizione.

Dopo 20 giorni la seconda pattuglia sarebbe dovuta ritornare per far partire la terza e ultima al comando del capitano Cagni accompagnata da 2 guide di Aosta – Pettigax e Fenoillet – e dal marinaio Canepa. La spedizione composta da 5 slitte con 49 cani proseguì la marcia verso il Polo Nord nel terribile ambiente polare, con temperature fino a - 52° sulla base di una percorrenza media di 12-15 Km giornalieri. Dopo 40 giorni di marcia, superato ormai il record di Nansen, e giunti a 86° 34 Nord, il Cagni prese la drammatica decisione di ritornare, date le scarze razioni che potevano garantire non più 30 giorni di sopravvivenza. Spiegata la bandiera italiana fu lasciato in un contenitore metallico il seguente messaggio: «25 aprile 1900. Latitudine 86°34 Nord, Long. 68° Est Green. Giunto a questo estremo limite Nord, incomincio la marcia di ritorno con 30 giorni di viveri, 200 razioni di pemmican, quattro slitte e 34 cani con 300 razioni.
Tutti in ottima salute. Cagni».
Il ritorno, durato 58 giorni, fu penosissimo, a causa delle difficoltà dovute all’avanzare della primavera che sciogliendo i ghiacci costringeva la spedizione a risolvere continui gravi problemi causati dall’attraversamento di crepacci, canali e dalla deriva del pack.

Il ricongiungimento con l’equipaggio della Stella Polare avvenne il 23 giugno. La gioia di aver superato il limite massimo realizzato fu rattristata dalla notizia della scomparsa nei ghiacci della prima pattuglia.

Enorme risonanza ebbe nel mondo l’esito dell’impresa che contribuì a completare le conoscenze scientifiche di quella parte inesplorata della terra. Per tutto il periodo della spedizione i giornali, le riviste di tutti i paesi del mondo seguirono le gesta di quegli eroici esploratori: Cardenti che all’epoca aveva 32 anni, venne più volte citato per la straordinaria forza di carattere e per il suo coraggio.
Lo stesso Savoia lo ricordò così nel suo diario di bordo: «Cardenti è l’unico che mostra di essere felice, sotto una tenda coperta  di  ghiaccio  a  meno 40  gradi,  continuamente  ripete – «E chi sta meglio di noi?»
Altra frase memorabile il Cardenti la pronunciò in occasione della visione del Capo Nord:«Bell’affare!... Nella mia isola d’Elba vi sono dei capi che valgono meglio di questo!».

Questa frase riportata dallo stesso Duca degli Abruzzi e ripresa da Emilio Salgari, rese il nostromo di Capoliveri ancor più famoso, esprimendo una delusione generale causata dall’avvistamento di una montagna non più alta di 300 metri! Anche il Savoia espresse sinceramente che quella fama era un po’ rubata; «un momento emozionante per tutti, ma che subito svanisce...».

Fra i molti episodi vale la pena di ricordare che al Cardenti fu affidato l’incarico di portare la notizia della perdita dei tre uomini dispersi a Luigi Amedeo di Savoia, ed egli affrontò da solo un lungo tratto di mare ghiacciato su un ‘kajak’, piccola imbarcazione eschimese in tela impermeabilizzata.

Cardenti al ritorno dalla spedizione fu lungamente festeggiato dai suoi compaesani per il lustro che dette all’Elba e al suo paese natio, Capoliveri.

Insomma il buon umore di Giacomo Cardenti fece si che la spedizione "anche se fallita" fosse un grande successo.
Rimasero impressi di Lui il suo buon umore e il suo coraggio.
Tanto da ricordalo con frasi fatte come:
« Live your life like Giacomo Cardenti.»  (
vivi la tua vita come Giacomo Cardenti)

Non conta chi non cade (nel ghiaccio), ma chi cade e resta allegro.