Curiosità su Capoliveri

Personaggi che hanno contribuito alla storia di Capoliveri

   
   
   

PIETRO GORI

Ernesto Antonio Pietro Giuseppe Cesare Augusto Gori
                                                                        (Messina, 14/08/1865 – Portoferraio, 8 /01/1911)
E' Stato un anarchico, giornalista, avvocato, poeta, scrittore e compositore italiano.

Molto Amato dai capoliveresi per le imprese fatte e per aver difeso con maestria questo popolo.     Inoltre amico e coetaneo di Niccolò Quintavalle  anarchico  Capoliverese.

Oltre che per l'attività politica, è ricordato come autore di alcune tra le più famose canzoni anarchiche della fine del XIX secolo,
tra cui Addio a Lugano, Stornelli d'esilio, Inno del Primo Maggio  e La ballata di Sante Caserio, che Gori compose adattando solitamente i propri testi a melodie già esistenti.
Nato a Messina, in contrada San Mercurio (
attuale via del Vespro), da genitori toscani, Francesco, originario dell'isola d'Elba, e Giulia Lusoni, discendente da una nobile famiglia di Rosignano Marittimo, fu battezzato con i nomi di Ernesto Antonio Pietro Giuseppe Cesare Augusto. Il padre Francesco era capitano d'artiglieria (il nonno Pietro era stato ufficiale napoleonico), comandante del presidio di artiglieria di Messina, e simpatizzante mazziniano. Nel 1878 si trasferì con la famiglia a Livorno e giovanissimo aderì a un'associazione monarchica - da cui venne espulso per non meglio precisate “indelicatezze” - e iniziò quindi a collaborare con La Riforma, un periodico moderato. Ben presto però aderì al movimento anarchico, di cui divenne in breve tempo una delle figure più influenti. Nel 1887 fu arrestato per un'epigrafe scritta per ricordare i martiri di Chicago - militanti anarchici che, accusati di aver organizzato i disordini del 1º maggio 1886 per rivendicare la giornata lavorativa di otto ore, furono impiccati l'11 novembre 1887 -, ritenuta un'istigazione alla protesta contro le navi statunitensi alla fonda nel porto di Livorno.[senza fonte]

Nel 1889 si laureò a Pisa in giurisprudenza con una tesi intitolata La miseria e il delitto, avendo come relatore Carlo Francesco Gabba.

Nel novembre dello stesso anno pubblicò, sotto lo pseudonimo di Rigo (
anagramma del suo cognome
), un primo opuscolo - "Pensieri ribelli" - contenente i testi delle prime conferenze. L'opuscolo fu però sequestrato e la sua pubblicazione gli fruttò l'arresto per «istigazione all'odio di classe», accusa dalla quale uscì assolto grazie anche ad un nutrito stuolo di legali - compagni di università e professori - che ne assunsero la difesa. La notizia dell'arresto decretò peraltro il successo del pamphlet, stampato in 1500 copie.

Il 13 maggio 1890 venne nuovamente arrestato perché considerato tra gli organizzatori delle manifestazioni del primo maggio a Livorno, con le accuse di «ribellione ed eccitamento all'odio fra le diverse classi sociali» e di «eccitamento allo sciopero e resistenza all'autorità». Questa volta venne condannato ad un anno di reclusione (pena poi annullata in Cassazione) e rimase in carcere, prima a Livorno e poi a Lucca, fino al 9 novembre.

Fu esiliato 2 volte e Grazie ad un'amnistia e per problemi familiari oltre che di salute, nel 1902 rientrò in Italia e, l'anno successivo, insieme a Luigi Fabbri, fondò la rivista Il pensiero.
Se si esclude un viaggio in Egitto e Palestina nel 1904, passò i pochi anni della vita rimastigli nelle consuete attività di attivista politico, di scrittore e di avvocato difensore dei compagni arrestati.

Colpito dalla tubercolosi, morì l'8 gennaio 1911 a Portoferraio, all'età di quasi 46 anni, lasciando un'ampia produzione letteraria che spazia dal saggio politico al teatro, dalla criminologia alla poesia, oltre alle arringhe e alle conferenze.

Piazza Matteotti foto della lapide priva della mano
prima del restauro di Marco Campanini 08/09/2011

A Capoliveri una via principale del paese gli è dedicata e una lapide commemorativa è installata sulla piazza principale, tale lapide installata il 30/01/1921 è stata restaurata nel 2011 perché a lungo priva della mano destra, una mutilazione, frutto di un gesto sconsiderato di uno squadrista, sebbene l'opera fosse stata nascosta al cimitero proprio durante il fascismo.

È sepolto nel cimitero di Rosignano Marittimo. A Rosignano il suo monumento venne semidistrutto negli anni trenta da una squadra fascista (il monumento danneggiato si trova ancora nella cappella di famiglia, a ricordo dell'evento); vent'anni dopo, la sezione comunista del paese gli dedicò un nuovo monumento, ancora presente sul luogo. Nel Capoluogo di Rosignano Marittimo è presente ancor'oggi la casa natale della Famiglia Gori alla quale sono affisse 2 targhe in marmo commemorative della figura di Pietro Gori con al fianco l'ideale di Libertà. La sua figura è anche ricordata da una targa posta a Piombino nei pressi della stazione ferroviaria. Rimossa sotto il fascismo, la targa fu ricollocata dai piombinesi nel 1945. Esiste anche una targa posta dagli anarchici e liberi pensatori di Castagneto Carducci nella piazzetta principale del paese, che lo ricorda come apostolo e poeta del liuto gentile, diffusore dell'ideale anarchico perseguitato ovunque, che con la sua voce portò amore giustizia e libertà.

Pietro Gori non Capoliverese, toscano di origini elbane, ma molto amato dai Capoliveresi.