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Il Saccheggio di Capoliveri 

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Il Saccheggio di Capoliveri 

L’episodio narrato di seguito conferma che la storia è sempre scritta dai vincitori, e che, spesso, non è rispettato nella ricostruzione il criterio di verità circa gli accadimenti. Nel nostro caso, quanto è stato trasferito dalla "storiografia ufficiale", è che il saccheggio di Capoliveri abbia costituito una giusta rappresaglia, a seguito di gravi provocazioni ed attacchi operati dagli abitanti contro i francesi.
A questo proposito, si deve tenere presente, che, mentre a Portoferraio regnava il Granduca di Toscana Ferdinando III di Lorena (1769-1824), e Porto Longone, l’attuale Porto Azzurro, era sotto il dominio della casa di Borbone, l’isola nella sua restante parte — che comprendeva Capoliveri e le zone limitrofe — apparteneva ai nobili Appiani, signori di Piombino — sulla costa toscana di fronte all’isola —, che erano alleati della Francia.
La cittadina, quindi, non avrebbe dovuto essere ostile ai francesi.

Ancora, occorre ricordare che Giuseppe Ninci, giacobino di Portoferraio, autore di una nota Storia dell’Elba,  fu parte attiva nel tentativo di imporre la Repubblica nell’isola, tanto che, quando la guarnigione granducale di Portoferraio tentò di opporsi all’incorporazione della piazzaforte, l’ultima rimasta libera, alla Repubblica Francese, nel marzo 1799, fu lo stesso Ninci a essere protagonista degli eventi.
Nella sua storia egli infatti racconta che "[...] fortunatamente lo scrittore della presente opera, trovandosi  a diporto sul molo, sentì, con raccapriccio  ed  orrore le minacce  di  quegli  empi [i difensori della piazza]. Egli volò ad avvertire i capi guardia [degli assedianti] dei posti indicati, affinché si ponessero a difesa"  Autore di parte, dunque, che l’altro storico dell’Elba, Vincenzo Mellini Ponçe de Leon  conferma abbia partecipato alle trattative fra i rivoluzionari e la piazzaforte, soprattutto al momento della consegna della lettera "[...] con cui si ordinava alla municipalità di Capoliveri di mettersi sotto il governo francese e somministrare alle truppe di quella Repubblica tutti i soccorsi possibili.
Il cronista elbano riferisce che il 4 aprile 1799 alla consegna della lettera, a Capoliveri, Ninci fosse presente: "[...] vuolsi che fra detti emissari vi fosse il nostro Giuseppe Ninci" .

Ma la posizione di attesa dei capoliveresi ha termine proprio in questo momento. Si ignora "[...] ciò che riposero gli anziani, sappiamo solamente che gli emissari mandati allo scopo di democratizzare i capoliveresi, trovarono in essi una ripugnanza invincibile alle nuove idee; e, corse offese da una parte e dall’altra, andarono debitori alla velocità delle gambe, della salvezza delle loro spalle" .